Corea di Huntington: una scoperta italiana suggerisce un nuovo approccio per lo sviluppo di terapie.

Come un bravo genitore, una proteina chiamata "huntingtina" aiuta a salvaguardare alcune fondamentali cellule nervose del cervello. Quando questa proteina non funziona correttamente, i neuroni vengono danneggiati provocando l’insorgenza di una malattia nota come Corea di Hungtington: una gravissima forma di atrofia cerebrale, caratterizzata da disturbi di ordine fisico e mentale. La scoperta dell’esatto meccanismo con cui la proteina huntingtina normale agisce nel cervello –studio che sarà pubblicato online da Science nello Science Express web site il 14 giugno* –apre nuove importanti prospettive per la cura di questa grave malattia. "Altre ricerche saranno necessarie prima che questi risultati possano aiutare i pazienti", sottolinea Elena Cattaneo, ricercatore e docente dell’Università degli Studi di Milano. "Ma siamo ottimisti e crediamo che il nostro lavoro portera' allo sviluppo di nuove terapie, per esempio di farmaci in grado di sostituire o aumentare l’attività benefica della proteina huntingtina normale o capaci di innalzare il livello di altre proteine cerebrali protettive, come il BDNF". La ricerca, coordinata da Elena Cattaneo è stata svolta con il sostegno della Fondazione Telethon Italia e della Huntington’s Disease Society of America di New York, due organizzazioni no-profit. Tra le più importanti malattie ereditarie del sistema nervoso centrale, l’incidenza della Corea di Huntington varia dall’1 su 10.000 individui in Europa e Stati Uniti, ai 7 su 1000 casi in Venezuela, come dichiarato da Cattaneo, che ha diretto l’èquipe internazionale di ricerca. In Italia, si stima che siano attualmente affetti dalla malattia 4.000 individui, mentre altri 12.000 soggetti sono a rischio. I sintomi vanno da movimenti muscolari incontrollabili, a vuoti di memoria, a difficoltà di deglutizione, a mutamenti comportamentali e psicologici. La malattia colpisce solitamente adulti tra i 30 e i 50 anni e conduce alla morte del paziente dopo 15-20 anni. La Corea di Huntington è stata ricondotta a un gene difettoso sul cromosoma 4, che produce la proteina detta appunto huntingtina, scoperta nel 1993. Precedenti studi hanno dimostrato che la mutazione di questa proteina la conduce ad uno stato di totale "overdrive", descritto dagli scienziati come "acquisto di funzione tossica". Questo stato causa tossicità e morte delle cellule e comparsa dei vari disturbi associati. Mentre l’iperattività della proteina huntingtina mutata rende conto di alcuni aspetti della malattia, il team della Cattaneo ha dimostrato ora che è la perdita dell’effetto protettivo svolto dalla proteina huntingtina normale a lasciare i neuroni in uno stato di vulnerabilità ai danni. Gli studi condotti hanno infatti dimostrato che la normale funzione della proteina huntingtina consiste nella regolazione della trascrizione del BDNF, molecola essenziale per la sopravvivenza dei neuroni striatali del cervello. Quando mutata, l'huntingtina non e' piu' in grado di far produrre alle cellule BDNF e quindi la protezione ai neuroni viene a mancare. "Noi crediamo che la perdita della funzione benefica dell'huntingtina normale contribuisca alla malattia", dice la Cattaneo. I ricercatori hanno esaminato la funzione dell'huntingtina normale in colture cellulari e su animali da laboratorio. Dapprima, hanno prodotto cellule striatali esprimenti huntingtina normale o mutata. Poi hanno misurato la produzione, nelle cellule, di alcune molecole biochimiche, dette neurotrofine, che aiutano i neuroni a sopravvivere. Hanno cosi' osservato che le cellule dotate di huntingtina normale avevano alti livelli di neutrofina BDNF, mentre questo effetto veniva perso in cellule con la proteina huntingtina mutata. Per sopravvivere, i neuroni striatali del cervello hanno bisogno di ricevere BDNF che viene prodotto, normalmente, dalla corteccia cerebrale. Il gruppo diretto dalla Cattaneo ha dimostrato che topi portatori della proteina huntingtina normale producono, normalmente, BDNF in corteccia cerebrale che viene poi rilasciato in striato. Questa produzione corticale di BDNF è invece impedita in topi con la proteina mutata, e quindi i neuroni striatali sono lasciati senza supporto trofico. Queste scoperte sono state ulteriormente confermate da test di dose dipendenza e dall’analisi autoptica di tessuto proveniente da cervello umano di pazienti con Corea. E' stata infatti dimostrata una ridotta produzione di BDNF nella corteccia di malati con Corea, con conseguenti ridotti livelli di neurotrofina nello striato. Elena Cattaneo osserva che difetti di funzionamento di questo tipo possono anche avvenire in altre 7 malattie neurodegenerative. Tentativi per il trattamento della Corea di Huntington variano dal trapianto intracerebrale di tessuto cerebrale di origine fetale, ad antipsicotici e antidepressivi. Altre strategie includono, ad esempio, l’uso di antibiotici che bloccano la funzione di due enzimi che conducono alla frammentazione dell'huntingtina mutata, provocando effetti tossici nelle cellule. "Non vi sarà una medicina pronta domani, come frutto di questa ricerca", ha commentato la Cattaneo. "Ma ora abbiamo una nuova idea su come sviluppare la terapia che, con adeguati finanziamenti, potrebbe realizzarsi in un futuro molto vicino. Prima che il trattamento possa essere proposto, dobbiamo infatti conoscere esattamente in quale modo l'huntingtina normale comunica al gene BDNF al fine da incrementare la sua attività. Siamo convinti che questa ricerca progredirà molto rapidamente nei prossimi mesi. Come prossimo passo, è in progetto un esperimento per veicolare BDNF attraverso strategie di terapia genica in animali transgenici che riproducono la Corea di Huntington". I Ricercatori saranno disponibili a presentare gli avanzamenti della ricerca sulla Corea di Huntington, il prossimo 15 settembre alle ore 12:00 nell'ambito di un incontro che si terra' presso l'Istituto Neuromed di Pozzilli (Isernia). Oltre a Elena Cattaneo, gli autori dell’articolo su Science sono: Chiara Zuccato, Andrea Ciammola, Dorotea Rigamonti, Donato Goffredo, Luciano Conti, Vincenzo Silani, Simonetta Sipione, tutti dell’università degli Studi di Milano; e inoltre Blair R. Leavitt, Michael R. Hayden, University of British Columbia; Marcy E. MacDonald, Massachusetts General Hospital; Robert M. Friedlander, Brigham and Women's Hospital; and Tonis Timmusk, Institute of Biotechnology in Finlandia. [*Zuccato et al., "Loss of Huntingtin-Mediated BDNF Gene Transcription in Huntington's Disease."]

 

Altri links:

http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010615/cronaca/20sedde.html

http://www.lastampa.it/LST/ULTIMA/LST/NAZIONALE/CRONACHE/TELETHON.htm

http://www.telethon.it/news&multimedia/dettaglio_news.asp?id=194

 

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